Discesa dell’Aniene
Alla scoperta della antica fratellanza che lega il Tevere all’Aniene.
L’Aniene (dal latino Anio), un tempo detto anche Teverone limitatamente alla parte bassa del suo percorso, è un fiume del Lazio lungo 98,5 km, secondo maggior affluente di sinistra del Tevere dopo il fiume Nera. Anticamente il fiume si chiamava Parrenziùs (Parenzio). Il suo nome attuale è Aniene, in latino Anio, perché secondo la leggenda Anio, re etrusco, volendo perseguitare Cetego, rapitore di sua figlia, nel passare questo fiume vi restò sommerso. L’abbondanza e la continuità delle acque che lo alimentano fanno dell’Aniene un fiume di buona portata, che fu infatti utilizzato fin dall’antichità per alimentare acquedotti, e successivamente come risorsa per la produzione industriale locale e per la produzione di energia elettrica.
La captazione delle acque dell’Aniene ha una lunga storia: comincia a metà del II secolo a.C. con il primo acquedotto fatto costruire (o secondo altri restaurato) dal pretore Quinto Marcio Filippo Rege, al quale fino all’età dei Claudi se ne aggiunsero altri due, sulla stessa direttrice e in alcuni punti sovrapposti o paralleli. Da qui il nome di Acqua Marcia che l’insieme di queste acque assunse e mantiene nell’approvvigionamento idrico di Roma (al quale ancora oggi contribuisce). segue su Wikipedia
(discesa dell’Aniene, dalla collezione MappaTevere360)
Nei quasi 3000 anni di storia di Roma, l’Aniene fu reso navigabile in due diverse occasioni e sempre allo scopo di trasportare merci che non potevano transitare sulle strade dissestate che portavano alla capitale. La prima volta servì per la costruzione del Colosseo. Plinio il Vecchio racconta che l’Anius (come si chiamava allora) fu la via d’acqua privilegiata per il trasporto della pietra, della calce e della legna. L’unica alternativa era la Tiburtina Valeria che però non era sufficiente soprattutto quando si trattava di movimentare oggetti molto ingombranti come blocchi di marmo provenienti dalle terre dei Marsi e degli Equi. Siamo quindi tra il 70 e l’80 dopo Cristo ma nei decenni successivi la navigabilità dell’Aniene fu abbandonata.
(Ponte Nomentano sull’Aniene, dalla collezione MappaTevere360)
Costava troppo dragare di continuo il suo fondale e soprattutto nel frattempo erano state costruite strade più ampie e comode. Passano 1.500 anni e di nuovo si decide di usare il letto del fiume per il trasporto delle merci. Questa volta è Papa Giulio II della Rovere a investire sull’Aniene. Lo scopo era portare una mole impressionante di legname e materiali edili per la Fabbrica di San Pietro. Nel 1505 fu deciso di riedificare la basilica che stava andando in rovina e per farlo fu dato impulso a quella che oggi chiameremmo una “struttura commissariale”, cioè un ente che aveva poteri speciali per coordinare il gigantesco cantiere. La Fabbrica di San Pietro decise che il fiume era la strada privilegiata e il Governo della Reverenda Fabbrica impose a tutti i proprietari dei terreni che affacciavano sul fiume di potare gli alberi e tenere pulite le rive.
Terminata la basilica, nel 1626, i papi successivi decisero che la navigabilità del Teverone (come tutti chiamavano l’Aniene) non fosse più economicamente sostenibile. Ci provò solo papa Pio VI alla fine del settecento ma il progetto non andò in porto per l’arrivo di Napoleone e la deportazione di sua santità in Francia. E così da allora, l’affluente del Tevere è tornato ad essere un corso d’acqua inospitale, pieno di rapide e dislivelli. Si possono navigare alcuni tratti ma esclusivamente per attività sportiva di rafting. segue su Diarioromano
Videoracconti
Confluenza
“Bisogna lasciarsi alle spalle ponte Milvio, percorrere viale di Tor di Quinto fin oltre il cavalcavia dell’Olimpica e subito dopo imboccare una stradina sulla destra. C’è da passare accanto a un campo di nomadi e a dieci campi sportivi, per raggiungere un circolo di tennis che si chiama Le Mirage. Entriamo discretamente e puntiamo il ristorantino che s’affaccia sul fiume. Superiamo la vetrata, un praticello curato e arriviamo al parapetto di legno. Da li si vedono i due corsi mescolare le loro acque in un’intesa, oggi come sempre, secondo dopo secondo, gonfi o mezzi asciutti, forse intorbiditi e schiumosi come noi, ma più di noi fedeli nel rispettare un impegno. E davanti a quell’incontro beviamoci un caffè, magari con un vecchio amico, cercando le parole.” (Guida vagabonda di Roma di Marco Lodoli)
La città, con i suoi mutamenti e trasformazioni urbanistiche, ha cambiato nel tempo, tutto, anche panorami che sembravano dover durare per sempre. Non solo, ma anche i nostri sguardi, sono stati disabituati a riconoscere i segni lasciati nelle diverse epoche, seguendo quotidianamente rotte imposte dalla viabilità per le automobili che fanno arrivare ma non vivere il territorio.
È il caso della Confluenza Aniene – Tevere, che è lì dalla notte dei tempi ma della quale si era persa memoria.
La periferia di Roma, che negli ultimi decenni è stata oggetto di un’intensa urbanizzazione e rafforzamento degli assi stradali, nasconde un’identità storica e una vocazione che sta riemergendo pian piano, complice la nuova e sentita necessità di riscoprire il territorio attraverso un diverso tipo di turismo ed approccio conoscitivo, che si basa essenzialmente nell’ attraversare le aree di interesse, a piedi, in bicicletta, a cavallo e/o con piccole imbarcazioni. Nulla di nuovo quindi, ma direi forse dimenticato.
(discesa dell’Aniene, dalla collezione MappaTevere360)
In particolare, tra la via Nomentana e la via Salaria, la zona nord est di Roma racchiude una realtà di traffici e movimenti, dai popoli preromani ai Romani, per poi riprendere nel medioevo con le tenute agricole fortificate dell’Agro Romano. Un continuo passaggio sulle vie fluviali e sulle direttrici stradali ha lasciato importanti tracce ancora visibili.
Si può identificare la confluenza dei due fiumi romani all’interno della Riserva naturale Valle dell’Aniene, negli ultimi 800 mt. Purtroppo, lo stato di abbandono dell’area, la mancata valorizzazione e la difficoltà di accesso, ha permesso il declino ambientale con la nascita costante di insediamenti abusivi, discariche di ingombranti e rifiuti speciali come pneumatici e materiali edili.
Eppure, esiste la possibilità di cambiare le sorti della Confluenza, portando cittadini, turisti e scolaresche a godere di questa importante area fluviale. Bacheche didattiche, percorsi tematici, passerelle, belvedere e punti di attracco potrebbero valorizzare la Confluenza. Convertire in pista ciclabile la sponda sinistra del Tevere che scende da Castel Giubileo renderebbe la Confluenza il fulcro da preservare e promuovere.
Numerose azioni sono state messe in campo dalla rete di associazioni del territorio che si sono unite ed alternate per creare momenti di avvicinamento dei cittadini all’area. Tra interventi di bonifica, passeggiate con archeologi e appassionati di storia, rievocazioni storiche ed eventi sportivi (come il passaggio della Discesa Internazionale Tevere), il tema della Confluenza si arricchisce di nuove spinte per poter mettere le basi di una rigenerazione a tutto tondo, che parte dal basso e dal bisogno di ridisegnare le nuove rotte di vivibilità della città. Permettere ai cittadini di frequentare e vivere il territorio, rappresenterebbe il motore per far tornare a vivere interi quadranti in modo più compatibile rispetto all’ambiente e alla socialità.
(testo di Emanuela Fiorenza, estratto dalla newsletter del Cdf Tevere Castel Giubileo – foce)
(discesa dell’Aniene, dalla collezione MappaTevere360)
Grande Circuito Tiberino
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